LA SINAGOGA, BETH HA-KENESETH: casa di riunione.
Inaugurata la sera di venerdì 14 dicembre 1888, la monumentale sinagoga realizzata dall’ing. Leale in stile classico pompeiano fu vandalizzata in modo irreversibile nel luglio 1971, di notte, nell’imminenza del suo riconoscimento a monumento nazionale. Ne resta intatto il perimetro, dal momento dell’edificazione vincolato dalla Sovrintendenza mentre alcuni arredi sinagogali acquesi furono trasferiti nel Tempio di Alessandria: 18 banchi con ripostigli per libri; due banchi di forma speciale ai due lati dell’Arca Santa; due quadri con elenco oblatori; tre Lichraoth Torà. Come ogni sinagoga, anche quella acquese fu il centro gravitazionale della vita comunitaria ebraica: per ricorrenze marcatempo annuali, per lo studio della Torà e, nella scola o pio istituto Levi frequentata dai 4 ai 12/13 anni, delle scienze volgari; come agorà chiusa fu luogo eletto per riunioni di consigli di amministrazione, di capifamiglia, anche dopoché, in base al decreto 30 ottobre 1930, la comunità acquese fu accorpata come “sezione” dipendente da quella di Alessandria.
Il complesso, al primo piano dell’edificio in via Saracco, prossima a Piazza Bollente dove dal 1731 al 1848 era ubicato il ghetto, era strutturato in diversi ambienti con specifiche destinazioni d’uso: l’alloggio del rabbino (l’ultimo, per oltre cinquant’anni, fu Adolfo Salvatore Ancona, vissuto in Acqui, negli ultimi anni, con la nipotina Clotilde e la nuora Lina Salomoni e deceduto nel 1952 a Milano), la scola, la biblioteca di libri sacri e profani, la stanza del bidello, una piccola foresteria, la sala di preghiera. Di pianta rettangolare e “moderna” rispetto alle sinagoghe piemontesi a pianta centrale, la sinagoga era distinta in due riparti: per gli officianti e per il pubblico. La Tevah era riservata a rabbino e a officianti. Vi si trovava, incastonato nel muro, l’armadio sacro o Aròn Ha-Kodesh, contenente i rotoli della Torà, ricoperti dal manto (meil), sormontato dalla corona (ataroth) e adornato dalla piastra (tas); lo scranno del rabbino e quello dello hazàn, la lampada perennemente accesa (Ner Tamid) che scendeva dal soffitto davanti all’ Aròn, la Lichrahot Torà o trono sul quale era aperto il rotolo per la lettura della parashah del sabato. La Tevah era separata dallo spazio per il pubblico (i 2/3 della sala occupati da due file parallele di banchi) da basso colonnato marmoreo, concluso ai lati da due imponenti colonne scanalate, estese al soffitto e legate dalla trabeazione contenente le due Tavole della Legge e l’epigrafe “RICORDA DAVANTI A CHI SEI”. Il perimetro murario interno presentava epigrafi con testi della Torà e dei salmisti scelti dal rabbino Lazzaro Ottolenghi all’inaugurazione del Tempio. Quello delle epigrafi era uno dei tre elementi “decorativi” del tempio acquese – elegante e severo – scelti come altamente simbolici della Legge: la parola, in questo caso, ovvero la stella polare dell’agire del credente. Il secondo elemento “decorativo” di forte valenza simbolica era la colonna, nell’ Esodo presenza teofanica “di fuoco o di fumo” a protezione del popolo eletto, e simbolo dell’ortoprassi comandata “siate colonne del tempio”. Le colonne del tempio acquese erano anche rinforzi del parapetto del matroneo superiore (in alto, prossimo al sottotetto, nella parete di fronte alla Tevah; il matroneo inferiore, si estendeva a U su tre pareti) e come paraste di finestre (anche cieche) affacciate sul perimetro interno sopra i matronei. Il terzo componente decorativo e simbolico era la luce, diffusa da lampade a gas e olio e irraggiata dal gigantesco lucernario posto sul tetto sopra la Tevah; a significare la Luce d’intelletto che, attraverso la Legge, guida l’agire umano.
Come Tempio di preghiera, la sinagoga era frequentata in ricorrenti “feste” marcatempo (ricordavano la storia del popolo errante) dell’anno ebraico e in occasione di nascite, bar(bat) mitzvà, matrimoni. I funerali erano invece celebrati in cimitero, con passaggio nella camera mortuaria per eventuale lustratio, e recita del Kaddish: la parte materica in decomposizione, impura, non poteva essere accostata a quanto di apicalmente puro (la Torà, parola di D-o) era in sinagoga.
RICORRENZE MARCATEMPO
Shabath, settimo giorno dedicato a D-o in ricordo della creazione compiuta e istituzione cardine dell’ebraismo.
Pesach, segna la fine della schiavitù egiziana (pesach = passaggio) e la conquista della terra promessa.
Shavuoth, festa dell’offerta al tempio della primizie del raccolto, 50 giorno dopo Pesah.
Rosh ha-shanah, capodanno ricorrente il 1° tishri, tra settembre e ottobre e celebra la creazione del mondo.
Kippur, giorno del pentimento e del ringraziamento a Dio sulle tombe degli avi (dieci giorno dopo Capodanno)
Sukkoth, festa delle capanne: richiama la peregrinazione nel deserto, i rifugi sempre provvisori nella diaspora e, insieme, la provvisorietà della vita
Hannukà, festa delle luci (dal 9 al 16 dicembre): richiama il miracolo della luce rimasta accesa senz’olio, per otto giorni, nel tempio appena inaugurato. La luce è simbolo d’illuminazione divina.
Purìm, festa del rovesciamento delle sorti: ricorda gli ebrei deportati a Babilonia, già condannati a morte dal re Assuero ma salvati da Ester, sposa di Assuero, che si autodenuncia ebrea e ottiene la salvezza per sé e il suo popolo.
FESTE PER EVENTI PARTICOLARI
Nascita, presentazione al Tempio del neonato/a dopo 8 giorni per l’imposizione del nome davanti alla comunità; per il neonato anche per la circoncisione (milà).
Bar(bat) mitzwah o rito di passaggio all’adultità. Ragazzi (13 anni) e ragazze (12 anni), singolarmente, leggono in sinagoga di fronte alla Comunità la parashah del sabato e dimostrano di essere ebrei adulti padroneggiando la lingua sacra e la Torà.
Matrimonio: gli sposi nel Tempio, sotto la chuppah, baldacchino simbolo del focolare, assistono alla lettura della ketubbah o contratto matrimoniale; il rabbino recita le benedizioni, gli sposi bevono dalla stessa coppa un sorso di vino; lo sposo dona l’anello nuziale alla sposa; benedizioni e canti accompagnano gli sposi; lo sposo infine rompe un bicchiere a simboleggiare il ricordo perenne del Tempio distrutto.
GIORNATA DELLA MEMORIA
Dal 2001 il Giorno della Memoria è commemorato in cimitero e presso le sedi storiche del ghetto e del Tempio; il corteo si ferma al Bosco dei Giusti, alle Pietre d’inciampo; al luogo di fucilazioni di partigiani. In cimitero e presso il Tempio il Vescovo di Acqui e un rappresentante del rabbino di Genova, da sempre, recitano la preghiera per i deportati. Studenti degli Istituti scolastici acquesi leggono in memoriam le identità dei 33 deportati acquesi ebrei (28) e non ebrei (5). Canti e musiche accompagnano la commemorazione civile.
L’iniziativa è promossa da: ACI, MEIC, ASSOCIAZIONE PER LA PACE E LA NON VIOLENZA, ANPI, CENTRO CULTURALE GALLIANO, COMMISSIONE DIOCESANA PER IL DIALOGO TRA RELIGIONI. Collaborano: Liceo Parodi e I.S. Levi – Montalcini, I.C. Saracco-Bella, I.C. Monteverde-San Defendente, Equazione, Archicultura, Fondazione De Rothschild di Rivalta Bormida, Associazione Memoria viva di Canelli. Patrocinio: Comune di Acqui, ISRAL.
GIORNATA DELLA CULTURA EBRAICA.
Con la volontaria culturale. Patrocini: Comune di Acqui; UCEI. Collaborazioni: Associazione Amici Musei acquesi, Fondazione de Rothschild, Centro studi Galliano, Archicultura, Istituti scolastici acquesi.
TESTO A CURA DI LUISA RAPETTI
IMMAGINI VIRTUALI – ELABORAZIONI GRAFICHE: arch. STEFANO PERELLI.
FOTO: Studio Barisone, Acqui.
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