Ernesto e Mario Ferrari, padre e figlio, artigiani fabbri, operarono con impegno e dedizione per tutta la vita, riuscendo a raggiungere livelli di vera arte nella lavorazione del ferro. Pur conservando una certa sobrietà nelle linee, dedicarono singolare cura alla ricerca ed all’esecuzione del particolare, tanto da manifestare in ogni “creazione” un gusto raffinato unico e sorprendente.

Ernesto era nato il 14 aprile del 1894 nel cuore della vecchia Alessandria, in Via Milazzo, poco lontano dall’antica chiesa di S. Maria di Castello. Figlio secondogenito di Paolo Agostino Ferrari e di Caterina Ferrari, cugini, fin da bambino rivelò attitudine al disegno, talento a scoprire l’essenza delle cose, profonda capacità di osservare ed apprezzare le meraviglie della natura. L’estrema povertà della famiglia lo portò, ancora in giovane età, al lavoro di bottega e poi in officine, prima come operaio sino a diventare a mano a mano operaio specializzato pressi i Bonardi, i Canepa, i Maggi, i Savio.

Partecipò alla prima guerra mondiale con un reparto di artiglieria alpina e qui venne l’incontro con Pietro Morando, il pittore che stava realizzando i suoi primi disegni di guerra, del quale fu amico sincero per tutta la vita. Conclusasi la parentesi militare, lavorò per un anno nelle Officine Ferroviarie di Savigliano, quindi tornò nell’Alessandrino, stabilendosi a Borgoratto, ove prestò la sua opera presso il carradore Giacomo Martini.

In questi anni, guidato da una forte creatività, realizzò ammirevoli lavori in ferro battuto (soprammobili, statuette, ecc.). Nel 1922 si mise in proprio ed è di questi anni la splendida cancellata della Villa Ravizza, ora proprietà Parodi, vero capolavoro di fantasia animato da fiori, foglie, animali, compreso un grosso serpente. Negli anni successivi si dedicò alla produzione di oggetti di ogni tipo, anche sacri, sino ad un altro capolavoro cioè un cancello a pannelli raffigurante la Via Crucis. E’ questa un’opera poderosa di valore incalcolabile, alta oltre due metri e del peso cinque quintali.

Dal matrimonio con Maria Maddalena Ricci nacquero due figlie e, nel 1925, Mario, erede e continuatore dell’opera paterna. Nel 1934 la famiglia lasciò Borgoratto e si trasferì ad Acqui Terme presso i Signori Ottolenghi, che si avvalsero dell’opera di Ernesto Ferrari per la prestigiosa residenza che stavano costruendo sulla collina, progettata e realizzata da famosi architetti ed artisti (progetto Monterosso). Alla fine della seconda guerra mondiale, il figlio Mario si unì al padre ed insieme crearono opere di grande valore, ad iniziare dal cancello d’ingresso della villa, poi il portale del Mausoleo decorato da borchie, una diversa dall’altra ma tutte pregevoli, e da una serratura particolare tutta realizzata a mano con grandissima perizia.

Ogni opera dei Ferrari era arricchita da animaletti, topolini, chiocciole, pesci, ranocchie, api, libellule, ed ognuna è un capolavoro di ingegno, di maestria e di tecnica, compreso il tripode del pozzo iniziato a Borgoratto e completato ad Acqui.

Nel 1950 tre sculture furono offerte al Papa Pio XII (Cristo Crocifisso), al Presidente della Repubblica Luigi Einaudi (Cerbiatti) e ad Alcide De Gasperi (Cristo Morente).

Il figlio Mario si dedicò anche al lavoro di intarsio del ferro con metalli preziosi creando oggetti di fattura notevole , bracciali, monili, medaglie, candelabri, ecc. e sperimentò tecniche sempre più raffinate.

Ernesto Ferrari morì il 3 luglio 1973, il figlio Mario l’8 agosto 1990, investito da un’auto pirata nei pressi della Villa Ottolenghi.

La famiglia Ferrari si adoperò molto perché non si disperdessero il consistente patrimonio artistico e le attrezzature dell’officina; finalmente nel 1993 si inaugurò il Museo a loro dedicato, in alcuni locali di Palazzo Robellini di Acqui, e oggi ospitato presso il Castello dei Paleologi.

Grazie alla loro serietà nel lavoro e alla loro completa dedizione, i maestri Ferrari portarono l’arte del ferro battuto, a livelli impensabili.

A loro deve essere tributata la nostra ammirazione e gratitudine per l’ esempio di laboriosità che hanno lasciato alla presente Generazione.

Testo a cura della professoressa Susanna Ruggeri Alberti preso dal sito www.feboinforma.org

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